Il problema dei tre corpi, serie tv

“Siete insetti”. La scritta comparsa a lettere cubitali sul tabellone arrivi/partenze di alcune stazioni italiane. “You are bugs” la minaccia che incombe sul quinto episodio della pasticciata serie Netflix che come insegnavano le nonne, molto più sgamate dei bamboccioni di Ultima Generazione, foraggia la guerrilla marketing come questi perché sa bene che – a fronte dell’investimento, produttivo nel suo caso, culturale in quello degli sverniciatori per finta – il prodotto non si vende da sé. Pare infatti che gli alieni se ne abbiano a male nel sapere che dalle favole umane traspaia la natura mendace degli stessi. Peccato che se si dà per scontato che il lupo sia la metafora per l’uomo nero (non inteso come black occorre precisare oggi), lo stesso accada per gli insetti e quindi dare dell’insetto al genere umano non sia che la stessa bugia verso la quale nutrono una repulsione così grande dal passare dal tentativo di occupare la Terra servendosi dei terrestri all’annunciare di farlo non solo a prescindere da loro ma – per questioni di tempistiche interstellari sopravvalutando la puntualità dei Freccia Rossa che nemmeno in quattrocento anni saranno in grado di recuperare il ritardo accumulato (si limiteranno come sempre, bugiardi, ad annunciare l’arrivo in orario prendendo a parametro l’ingresso in città non lo stop sul binario di arrivo) – sterminandoli preventivamente per evitare inutili discussioni sul paradosso del mentitore, di fronte al quale – date le premesse: “Stiamo arrivando, non venite ad accoglierci. Sono un pacifista questi sono tutti stronzi”, dice più o meno il contatto invitando la scienziata cinese reietta e perciò San-ta lei per l’Occidente meno San-ti loro, gli alieni, nella rappresentazione storica delle dittature che sono sempre di un colore solo anche quando sono arcobaleno, a non rispondere – Ye dando per scontato che sia un alieno vero e non la voce di uno scherzo radiofonico non ci pensa due volte a concedere il suo appoggio, come di solito fanno coloro che trovandosi in minoranza in patria invece che seguire saggiamente il consiglio del Barone di Münchausen, e trarsi in salvo da sé tirandosi su per il codino, si affrettano a mettersi nelle mani del primo straniero che passa promettendogli la salvezza. L’antinomia che potremmo qui chiamare dell’alieno, col permesso di Eubulide, manca di coerenza logica e mostra tosto la sua fallacia: che se l’alieno alla radio è in contrasto con la sua stessa genìa non è poi credibile mostrare la razza degli alieni come un esercito invasore compatto sull’obiettivo. L’errore identico che fa la razza umana anche se la si taccia (ma sarà razzismo o un insulto?) d’essere insetto. O almeno quella parte che rappresenta se stessa come portatrice del pensiero che conta anche quando lo rappresenta come volontà popolare. Che la differenza sta tra popolo (il buon Hobbes preciserebbe che pure il sovrano assoluto è espressione della volontà del popolo) e moltitudine, la stessa differenza che ogni potere, nazionale o globale che sia, vorrebbe occultare alle masse negando l’eterogeneità della comunità stessa e ricorrendo allo stratagemma del nemico col solo fine di compattarla. Saremo pure insetti allora come ci avvisano gli alieni per bocca di Netflix, quindi affermando al contempo il vero e il falso, ma in parte siamo anche – nelle repubbliche che si pensano non totalitarie tra spettatori che non si credono merce – lucciole che stanno nelle tenebre. Certo, un sofone mi taccerebbe d’essere sofista.

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